“Lo scienziato non studia la natura perché sia utile farlo; la studia perché la sua bellezza genera in lui piacere. Se non fosse bella, non varrebbe la pena studiarla, la vita stessa non sarebbe degna di essere vissuta.” Affermava Henrì Poincaré, scienziato vissuto a cavallo dei secoli XIX e XX. Chimica, fisica, biologia, matematica sono spesso accusate di aridità; ma tra le ragioni della ricerca c’è il piacere dell’indagine che rivela allo studioso l’eleganza e l’armonia della natura. Le più grandi scoperte scientifiche sono state compiute da scienziati che credevano fermamente che le leggi che regolavano la natura possedessero armonia, semplicità, completezza ed estetica matematica cioè bellezza. Durante la rivoluzione copernicana il frutto dell’ingegno di un astronomo tedesco gli permise di formulare “Le leggi di Keplero” tre equazioni rivoluzionarie che descrivevano il moto dei pianeti su orbite ellittiche di una semplicità formale disarmante eliminando definitivamente i risultati complessi e contorti delle osservazioni astronomiche elaborate dai suoi colleghi sostenitori del geocentrismo. Newton formulò la “Legge della Gravitazione Universale” affermando di averla ricavata dallo studio appunto delle leggi di Keplero. Lo scienziato olandese Huygens, elogiato per le sue scoperte astronomiche perfino da Newton, elaborò una teoria, folle per i suoi contemporanei, che afferma che l’uomo è “cittadino del Cosmo”, che oltre l’oceano dello spazio le stelle sono “altri Soli…tanti Soli, tante Terre”, cioè che esistono altri sistemi planetari, alcuni abitati, analoghi al nostro Sistema Solare. Anche Einstein con la sua “Teoria della Relatività Generale” che ha trasformato le nozioni classiche di spazio, tempo e materia, ha espresso una notevole dose di bellezza. Grazie al senso estetico di questi studiosi, oggi astrofisici come Robert Kishner possono studiare il cosmo e la sua evoluzione. Anche il mondo a nanoscala è pervaso da un notevole senso estetico; con le nanotecnologie anche un fiore riesce a stupirci, al microscopio elettronico la punta di una matita è un monte da esplorare: c’è bellezza nel mondo invisibile. Il fisico britannico Paul Dirac, Nobel nel 1933, tra i fondatori della meccanica quantistica, affermava che una teoria fisica bella dal punto di vista matematico ha maggiori probabilità di essere corretta. I coni di Dirac, sue strutture, sono tornate alla ribalta nel 2004 con la scoperta del grafene, un materiale costituito da atomi di carbonio straordinario conduttore di elettricità, trasparente come il vetro, più resistente dell’acciaio utile per costruire gli oggetti più sottili del mondo, come scoperto da Novoselov che per tali studi ha vinto con Geim il Nobel per la fisica nel 2010. Il bello ha un suo posto anche nella Biologia e nelle sue rivoluzioni, come quella di Darwin, che nel 1859, ha tolto l’uomo dal centro del mondo animale cancellando la teoria creazionistica ed elaborando la “Teoria dell’Evoluzione” per selezione naturale esposta nel suo “Origine delle specie” che conclude affermando: “Vi è qualcosa di grandioso in questa visione della vita.” La bellezza è presente in tutti i livelli della natura, dal microcosmo al macrocosmo: non solo al livello antropico, al quale siamo tutti abituati e allertati, ma che rimane secondario rispetto al tutto. Ad esempio quando il matematico osserva un fiore, dietro al numero dei suoi petali nota la successione di Fibonacci e la proporzione aurea a cui essa tende. Dietro ai suoi colori, riconosce le lunghezze e le frequenze di velocissime onde luminose, isola sulla tavolozza di un pittore le tre lunghezze corrispondenti ai tre colori fondamentali intercettati dai tre tipi di coni della retina dei nostri occhi. Al di là della “luce visibile” identifica la piccola finestra aperta dalla nostra vista sullo spettro elettromagnetico riconoscendone molte altre aperte dalla scienza del secolo scorso, dalle onde radio alle microonde, ai raggi X. Uno scienziato che ascolta il canto di un uccello, dall’altezza e dal volume riconosce lunghezza ed ampiezza di più lente onde sonore, dal timbro riesce ad isolare i suoni puri delle terne armoniche, come fa l’orecchio attraverso la complessa struttura del timpano; utilizzando le informazioni raccolte approssima le caratteristiche di ciascun suono esprimendole in terne numeriche che trasferisce digitalmente nei compact disk e rilette acusticamente dai lettori cd. Rispetto agli artisti, ai musicisti o ai poeti, gli scienziati vanno “oltre,” non “altrove;” la loro visione del mondo non sottrae bellezza alla descrizione dell’umanista, ma gliene aggiunge. (1)
Forse anche Lucrezio, poeta latino del II sec. a.C., autore di “De rerum natura”, opera a cavallo di poesia, filosofia e scienza, ha formulato un pensiero simile a quello di Darwin; di lui Primo Levi diceva: “voleva liberare l’uomo dalla sofferenza e dalla paura, si ribellava contro ogni superstizione, descriveva con lucida poesia l’amore terrestre.”
La scienza è una bella disciplina, non c’è nulla di esteticamente più piacevole come una grande scoperta scientifica che origina dalla curiosità di scienziati, cioè di uomini. Afferma lo scienziato inglese Ridley. Ritorniamo così all’inizio, all’affermazione di Poincaré.
LA BELLEZZA DELLA SCIENZA
€15.00
Jole Buonfiglio
Editore: Massa
Collana: Antologie, 5
Anno edizione: 2018
Pagine: 110, Brossura
EAN: 9788895827803 – € 15,00